L'Afasia...un problema di comunicazione

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In occasione della 12° giornata nazionale dell’afasia (Sabato 19 Ottobre 2019) approfondiamo il tema dell’afasia, un disturbo di linguaggio causato da lesioni cerebrali (ictus, traumi cranici, tumori, encefaliti) prevalentemente dell’emisfero sinistro, di cui soffrono circa 150.000 persone in Italia con 20.000 nuovi casi ogni anno.

L’afasia non altera l’intelligenza né la capacità di provare sentimenti ma compromette il normale uso del linguaggio, a volte anche per le necessità elementari della vita quotidiana.

LE CONSEGUENZE DELL’AFASIA

L’afasia provoca disturbi più o meno gravi, a seconda della grandezza della lesione. Alcuni pazienti afasici manifestano difficoltà prevalentemente quando devono esprimersi verbalmente, mentre la loro capacità di comprendere il linguaggio appare relativamente intatta. Altri pazienti, invece, vedono alterata la loro capacità di comprendere quanto gli viene detto. Altri ancora, infine, manifestano entrambe le condizioni. L’afasia riguarda non solo il linguaggio verbale, ma spesso anche la capacità di scrivere, leggere ed utilizzare i gesti. Nelle condizioni più gravi una persona afasica può comprendere molto poco di ciò che gli viene detto e può essere in grado di dire solo qualche parola, come “ciao”, “si”, “no”. Nelle forme più lievi, chi ne è colpito può essere in grado di sostenere una conversazione, ma avere difficoltà nel trovare le parole o nel comprendere frasi molto lunghe e complesse. Non parlare o parlare male comporta la perdita della propria identità in quanto la persona afasica è soggetta a depressione, più o meno grave a seconda della gravità dell’afasia. Al più presto, la persona afasica ed i suoi familiari devono affidarsi a medici e logopedisti specializzati per un’adeguata assistenza.

LA PERSONA AFASICA MIGLIORA NEL TEMPO?

Nella maggior parte delle persone, nei primi mesi avviene il cosiddetto “miglioramento spontaneo”. Il recupero, comunque lento, è permesso dalla capacità del cervello di riorganizzarsi. Il trattamento logopedico è efficace purché avvenga per periodi abbastanza lunghi e finché sia documentabile un miglioramento significativo. Attualmente è considerato l’unico intervento esterno che incide sul miglioramento del disturbo afasico

SUGGERIMENTI PER I FAMILIARI E GLI OPERATORI

Cosa fare con un paziente afasico? Come affrontare e capire i problemi quotidiani di comunicazione?

Quando parla una persona con afasia:
• Incoraggiare la persona a comunicare i propri bisogni.
• Dare all’afasico tutto il tempo che gli serve.
• Rispettare i suoi tentativi senza suggerire o cercare di indovinare le sue parole.
• Mantenere un atteggiamento paziente, attento e disponibile per incoraggiarlo alla comunicazione.
• Non pretendere che ogni parola sia corretta ma cercare di capire quello che la persona vuole dire.
• Suggerire di usare un gesto, o fare un disegno, ma senza insistere troppo, e lasciare a lui la scelta del modo migliore di comunicare.
• In qualche caso la scrittura può aiutare ma non è detto che sia una risorsa utilizzabile.

Quando si parla con una persona con afasia:
• Non rivolgersi all’afasico come ad un bambino: l’afasia non fa regredire ad uno stadio infantile.
• Non parlare a voce più alta del normale.
• Non parlare velocemente.
• Usare frasi corte, intervallate da brevi pause.
• Accertarsi che abbia compreso il messaggio che gli si vuole trasmettere.
• Fare richieste singole: ad esempio “vuoi camminare?” o “vuoi riposare?”, così che possa rispondere solo con un sì o un no, oppure annuire con un cenno del capo o con un diniego, o indicare con un gesto della mano.
• Si può ripetere la richiesta accompagnata da un gesto che possa aiutare a capire di cosa stiamo parlando.
• Alcuni afasici trovano difficoltà se durante una conversazione si cambia bruscamente argomento. Avvertiamo se vogliamo parlare d’altro (es. “Ora voglio dirti un’altra cosa…”).
• Parlare una persona alla volta: le difficoltà aumentano se la conversazione avviene tra diverse persone.

L’atteggiamento del familiare/operatore deve essere rassicurante e positivo: bisogna sempre valorizzare i miglioramenti fatti dall’inizio della malattia, evitando i confronti con la condizione premorbosa. La difficoltà di linguaggio non deve neanche essere interpretata come “rifiuto di parlare”: l’afasico comunica come e quando può, anche se è difficile capire che un momento prima possa dire una parola e subito dopo non riuscirci più, oppure parlare molto, ma senza comunicare efficacemente il suo pensiero. 

Un ruolo importantissimo per il reinserimento sociale è ricoperto da familiari, amici, colleghi e da tutti i volontari che li sostengono. Per questo motivo terminata la riabilitazione ci si può rivolgere a delle associazioni come A.IT.A. (Associazioni Italiane Afasici) MARCHE onlus che organizzano degli incontri settimanali per accompagnare e supportare nella vita di tutti i giorni i soggetti afasici e i loro familiari.

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